DI GIACOMO (UNA NUOVA ITALIA-BASILICATA) SU CPR PALAZZO S.GERVASIO
15.12.2018
ore 17:28
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AGR
"Quando si deciderà il Governo a chiudere il Centro di permanenza per il rimpatrio di Palazzo San Gevasio come tutti gli altri?" A chiederlo è il presidente di Una Nuova Italia-Basilicata Aldo Di Giacomo a seguito dei violenti disordini registrati oggi nel centro che hanno provocato il ferimento di uomini delle Forze dell’ordine.
Nel ricordare che l’estate scorsa è avvenuto l’arresto all'interno dello stesso Cpr di due extracomunitari che ha fatto seguito a quello di un terrorista macedone, Di Giacomo denuncia la situazione di emergenza che si registra nei centri presenti sul territorio nazionale.
"Oggi – dichiara – si è assistito ad un’autentica rivolta che avrebbe potuto avere conseguenze ancora più gravi non solo sul personale di vigilanza ma anche sulla popolazione civile.
Gli ultimi dati forniti dal Ministero alla Giustizia con il precedente Ministro Orlando – sottolinea Di Giacomo - sono sicuramente superati da una situazione in forte evoluzione per il continuo e costante ingresso di cittadini extracomunitari di fede islamica (e non) nei Cpr e nei nostri istituti penitenziari. Ma se è assolutamente chiaro chi sono i terroristi e i violenti, in quanto sono in carcere perché imputati o arrestati per una specifica fattispecie di reato, non è così chiara la costruzione delle altre tre categorie entro cui sono collocati i detenuti ritenuti ‘radicalizzati’.
Per questo è indispensabile sviluppare nei CPR e nelle carceri programmi mirati alla formazione di personale che sappia individuare i processi di radicalizzazione per aiutarli a distinguere la pratica religiosa, o il riferimento a una particolare concezione dell’islam, dai possibili indicatori di radicalizzazione.
Altra nostra richiesta è quella di rafforzare il personale di polizia penitenziaria specie negli istituti dove il numero di detenuti extracomunitari ed islamici è più alto e dove si continuano a verificare episodi di aggressione al personale.
Ovviamente – conclude – insistiamo nella sollecitazione rivolta al Governo a chiudere tutti i CPR attraverso l’immediata espulsione dall’Italia di tutti gli extracomunitari sospettati di crimini compiuti nei Paesi d’origine e che potrebbero commetterne da noi".
Nel ricordare che l’estate scorsa è avvenuto l’arresto all'interno dello stesso Cpr di due extracomunitari che ha fatto seguito a quello di un terrorista macedone, Di Giacomo denuncia la situazione di emergenza che si registra nei centri presenti sul territorio nazionale.
"Oggi – dichiara – si è assistito ad un’autentica rivolta che avrebbe potuto avere conseguenze ancora più gravi non solo sul personale di vigilanza ma anche sulla popolazione civile.
Gli ultimi dati forniti dal Ministero alla Giustizia con il precedente Ministro Orlando – sottolinea Di Giacomo - sono sicuramente superati da una situazione in forte evoluzione per il continuo e costante ingresso di cittadini extracomunitari di fede islamica (e non) nei Cpr e nei nostri istituti penitenziari. Ma se è assolutamente chiaro chi sono i terroristi e i violenti, in quanto sono in carcere perché imputati o arrestati per una specifica fattispecie di reato, non è così chiara la costruzione delle altre tre categorie entro cui sono collocati i detenuti ritenuti ‘radicalizzati’.
Per questo è indispensabile sviluppare nei CPR e nelle carceri programmi mirati alla formazione di personale che sappia individuare i processi di radicalizzazione per aiutarli a distinguere la pratica religiosa, o il riferimento a una particolare concezione dell’islam, dai possibili indicatori di radicalizzazione.
Altra nostra richiesta è quella di rafforzare il personale di polizia penitenziaria specie negli istituti dove il numero di detenuti extracomunitari ed islamici è più alto e dove si continuano a verificare episodi di aggressione al personale.
Ovviamente – conclude – insistiamo nella sollecitazione rivolta al Governo a chiudere tutti i CPR attraverso l’immediata espulsione dall’Italia di tutti gli extracomunitari sospettati di crimini compiuti nei Paesi d’origine e che potrebbero commetterne da noi".
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