"C'è una distanza tra le aspirazioni delle donne e la realtà quotidiana, tra ciò che le donne danno e ciò che ricevono. Questa distanza si misura in tutti gli ambiti, anche nella qualità della rappresentanza istituzionale del nostro Paese. Per questo, occorre un cambiamento politico-culturale, insieme ad azioni normative finalizzate a porre rimedio a una un lacuna vistosa, un deficit di democrazia non più tollerabile". Così la senatrice del Pd Maria Antezza è intervenuta nel dibattito sulla doppia preferenza di genere, in discussione al Senato.
"La poca presenza delle donne nella rappresentanza istituzionale – ha sottolineato Antezza – segna il fallimento di quell’investimento sulle donne che fu voluto dai fondatori della Repubblica e che si riflette con chiarezza nella nostra Carta Costituzionale. Insomma è tempo che la giustizia di genere entri davvero nella cultura politica ed istituzionale se vogliamo fare un salto qualitativo nella pratica delle pari opportunità". "Con più donne la politica sarebbe migliore, così ci dicono ormai da diverso tempo i sondaggi e i test fatti sugli orientamenti di voto. Eppure – fa notare Antezza – le elette nelle amministrazioni non arrivano al 18%, le sindache al 10% , al sud il 5 % e il 4% complessivamente nei comuni di maggiori dimensioni. In alcune regioni non solo non vengono elette, ma neppure candidate. La presenza delle donne nelle giunte è riconosciuta come un fatto di innovazione e cambiamento. E’ chiaro che c’è un tema di cultura politica ed anche di regole. Per questo ci siamo battute in Parlamento per far approvare la legge che promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli ( introducendo la doppia preferenza di genere) e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali. Abbiamo ritenuto necessario un intervento legislativo per incidere innanzitutto sulla legislazione elettorale degli enti locali e stabilire i principi cui dovranno attenersi gli ordinamenti regionali". "Il recente orientamento giurisprudenziale della Corte costituzionale si è aperto all'inserimento di quote nelle liste elettorali, purché – ha spiegato la parlamentare – non ci sia una prevalenza numerica di un genere sull'altro e ciò non comporti una distorsione dell'esito del voto. I partiti sono dunque vincolati ad assicurare la rappresentanza di entrambi i sessi nella presentazione delle liste, facendo in modo che nessuno dei due generi sia superiore ai due terzi dei candidati, mentre gli elettori hanno la facoltà di esprimere una doppia preferenza di genere". "Personalmente – ha precisato Antezza – non ho una passione speciale per la politica delle quote, anche se, sono convinta che per riequilibrare la rappresentanza è necessario dare a tutti, almeno, una chance. Non si tratta di un vincolo burocratico o di risultato ma di un'opportunità per aprire la politica e renderla più vicina alle esigenze e alle speranze delle persone. È inoltre garantita la par condicio tra i candidati di entrambi i sessi nell'accesso ai mezzi di informazione durante la campagna elettorale".
"Con questo provvedimento – ha concluso Antezza – anche l'Italia si pone sulla scia del cambiamento culturale, politico e istituzionale che in Europa ha permesso di passare dalla tutela del genere femminile al concetto di parità e poi di pari opportunità, fino alla definizione di strategie che tengano conto delle specificità di uomini e donne e sappiano al contempo valorizzare il contributo che rispettivamente possono dare nel contesto sociale".
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